MONTALTO DI CASTRO (Vt). Il mitreo di Vulci.

Il culto di Mitra, divinità persiana, fu l’ultimo in ordine di tempo a penetrare nell’impero romano. Questa era considerata la divinità della luce e del sole era al centro di un culto la cui caratteristica fondamentale era fondata sull’iniziazione del fedele ai misteri ed agli ideali di purificazione i quali permettevano di vincere la perpetua lotta contro il male assicurandosi al momento del trapasso l’appoggio del Dio Mitra per il conseguimento dell’immortalità. Il momento centrale del culto era l’uccisione di un toro da parte di Mitra.
L’edificio è composto da un’anticamera e da una stanza a pianta rettangolare lungo le cui pareti corrono due banconi, sostenuti da una serie di sei archetti a tutto sesto, sui quali dovevano trovare posto gli iniziati. In posizione centrale si trova un’altare in nenfro, mentre sulla parete di fondo è presente una cavità atta a contenere la statua di culto.
Lo scavo ha evidenziato i segni di una distruzione violenta del mitreo, avvenuta intorno all’ultimo venticinquennio del IV secolo d.C., molto probabilmente da porre in relazione con l’Editto dell’imperatore Teodosio che, nel 380 d.C., decretando il Cristianesimo religione di Stato.
Il gruppo raffigurante Mitra in atto di uccidere il toro, fu scolpito in un solo blocco, là ove il marmo veniva a mancare e cioè per le braccia, le mani, il pugnale, si ricorse a parti agginute, messe in opera mediante perni. La testa del dio fu lavorata a parte, per essere inserita nell’apposita cavità a cuneo. Secondo un uso frequente nella scultura romana, il gruppo fu eseguito riutilizzando un grande blocco di marmo già lavorato e pertinente ad una grande statua danneggiata; ne fanno parte le numerose tracce di pieghe visibili nella parte posteriore, in basso, che l’artista non rifinì perché destinata, dopo la messa in opera della scultura, a rimanere nascosta allo sguardo. Il giovane Dio indossa, come di consueto, chitonisco cinto e manicato,il suo agile corpo è semidisteso sul dorso del toro e il busto è tutto proteso in avanti nel compimento dell’impresa; con la mano sinistra egli ha già afferrato per le froge l’animale, mentre la destra è in atto di vibrare il colpo mortale. Conclude la composizione l’ardito svolazzo del mantello del dio che, allacciato sulla spalla destra da una fibula rotonda, ricade dietro le spalle ove, raccolto in un unico fascio di pieghe, tocca la coda ritta del toro, già trasformata nel fertile fascio di pieghe.
vulci 4Nella parte anteriore del gruppo, balza la snella figura del cane, per lambire il sangue che sgorga dalla ferita; nella parte centrale della composizione, sotto il ventre del toro, lo scorpione e il serpente.

Fonte: Museo della Badia di Vulci

vulci 5